Stress e invecchiamento cerebrale

Nel linguaggio comune sentirsi “stressati” indica una particolare condizione di vita caratterizzata da un persistente cattivo funzionamento di numerosi organi e apparati del nostro corpo. Ad esempio cefalea, vertigini, sensazione di “testa confusa” sono sintomi di tipo neurologico comuni nello stress , come anche tachicardia, sudorazione, respiro corto, dolori diffusi, cattiva digestione e difficoltà ad addormentarsi. Una componente legata allo stress è generalmente riconosciuta in molte patologie croniche : disturbi psichici, ipertensione, malattie dolorose dell’apparato osseo e muscolare, alterazioni della funzione digestiva e così via … In ambito medico-scientifico, d’altra parte, essendo lo stress una condizione comune a tutti gli esseri viventi , è stato relativamente facile riprodurre e studiare questo fenomeno in laboratorio fino a poterne rivelare cause, meccanismi e conseguenze per la salute umana. Nel paziente anziano ritiro sociale, lutti familiari e preoccupazioni per la salute sono comuni cause di stress cronico, se a queste si associano una vita affettiva povera e fragilità psichica, si può assistere a un inesorabile calo progressivo delle funzioni cerebrali , si passa da una situazione di piena integrazione sociale a familiare a uno stato di apatia, umore depresso, grave riduzione della memoria e della capacità di attenzione e concentrazione. Si tratta di un fenomeno ben conosciuto dagli operatori delle residenze per anziani: l’allontanamento dalla propria abitazione e la perdita del contatto con i familiari costituiscono potenti fattori di stress per il cervello e possono rendere la persona, prima autonoma, completamente dipendente dal personale di assistenza. Di tutti gli organi che compongono il corpo umano è proprio il cervello il primo ad essere coinvolto in caso di stress prolungato. E’ stato ormai ampiamente dimostrato che in alcune aree del cervello (ippocampo, amigdala e corteccia prefrontale), dopo lunga esposizione a stimoli stressanti, compaiono alterazioni della struttura e funzionamento dei neuroni responsabili poi dei sintomi accusati dai pazienti. In altre parole questo danno combinato a carico delle cellule (neuroni) e delle vie di comunicazione (sinapsi) facilita e accelera l’invecchiamento cerebrale. E’ noto che con l’avanzare dell’età si manifestano inevitabilmente alcuni segni di decadimento cerebrale, soprattutto a carico della sfera cognitiva ( ad es. diviene difficile ricordare i nomi delle persone o apprendere nuovi concetti) ma anche affettiva (mancato controllo delle emozioni). D’altra parte tutti noi avremo sicuramente incontrato almeno una volta nella vita persone molto avanti con gli anni ma con funzioni cerebrali perfettamente mantenute, si potrebbe dire che in questi casi lo stress subito nel corso della vita non sia riuscito a danneggiarne il cervello e le sue funzioni. A questo proposito le recenti linee guida dell’OMS (maggio 2019) sulla “Riduzione del rischio di decadimento cognitivo e demenza” hanno indicato come la migliore strategia per prevenire il calo cognitivo e ritardare la demenza sia proprio quella di agire sui fattori “stressanti “ sul cervello costituiti da stili di vita scorretti (scarsa attività fisica, alcol, fumo, squilibri alimentari) patologie croniche (ipertensione diabete obesità depressione dislipidemia) e isolamento sociale. Si tratta di importanti raccomandazioni rivolte sia alla popolazione generale, sia alle autorità sanitarie utili per cercare di limitare l’incidenza del deficit cognitivo nella fascia di pazienti più anziani. Nella nostra società, caratterizzata dalla presenza di una notevole quota di persone avanti con gli anni, diventano fondamentali tutti gli interventi sia di tipo medico ma anche politico diretti a prevenire il danno cerebrale e la demenza, quindi leggere, studiare, muoversi, coltivare interessi, avere buone relazioni sociali, mantenere i legami affettivi e … un pizzico di ottimismo.

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